La chemiodiversità – la diversità chimica che comprende la vasta gamma di metaboliti secondari in un ecosistema – è fondamentale: serve infatti a mediare le interazioni biotiche e abiotiche e permette agli organismi di proteggersi e adattarsi all’ambiente in cui vivono. Eppure, nonostante le iniziative globali dedicate alla biodiversità siano numerose, risultano ancora deboli gli sforzi per mappare la chemiodiversità (chemodiversity) e i suoi driver ecologici ed evolutivi, specialmente per quanto riguarda i licheni, simbiosi tra funghi, alghe e/o cianobatteri. La profilazione sistematica lungo gradienti ambientali risulta dunque cruciale per svelare le basi metaboliche dell’adattamento e della resilienza fungina.

Esistono database che raccolgono informazioni sulla biodiversità e altri che catalogano le sostanze chimiche prodotte dagli organismi. Tuttavia, manca quasi del tutto il collegamento tra questi dati e le condizioni ecologiche e climatiche in cui si ritrovano specifici composti. È una parte fondamentale che oggi non viene considerata.

Appena finanziata dal FIS – Fondo Italiano per la Scienza con 1,3 milioni di euro, un nuovo progetto del Dipartimento di Biologia e Orto botanico di Padova “CIME: Chemo-omics and Informatics for Metabolite discovery and Exploitation” verrà condotto a partire dal 2026 da Garima Singh, ricercatrice del dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, con l’obiettivo di comporre un atlante completo della chemiodiversità dei licheni considerando l’area montana del Trentino-Alto Adige e del Veneto. Tutte le informazioni raccolte – le specie di licheni, i loro profili chimici, i fattori ambientali e climatici che li influenzano e il ruolo di questi composti in natura – saranno integrate in un nuovo database. Questo strumento permetterà di comprendere l’evoluzione di questo importante aspetto della biodiversità funzionale in ecosistemi ricchi di diversità e allo stesso tempo così fragili. Integrando dati multi-omici, metaboliti bioattivi, cluster di geni biosintetici, e immagini iperspettrali verranno valutate posizioni geografiche e variabili climatiche per ampie comunità per fornire approfondimenti sui driver ambientali ed evolutivi della diversità metabolica e, a lungo termine, favorire i confronti globali.

Il gruppo di ricerca, guidato da Singh, procederà con una scansione della chemiodiversità campionando 20 siti per regione: per ogni sito i dati saranno raccolti in cinque distinte fasce altimetriche e, per ogni fascia, saranno effettuate 50 rilevazioni, per un totale di 10.000 immagini a stagione, in estate e in inverno. Il database finale sarà interattivo per consentire la visualizzazione, la comparazione e il download dei dati. Le future applicazioni risultano particolarmente interessanti perché, al di là dei loro ruoli ecologici, questi metaboliti racchiudono un immenso potenziale anche dal punto di vista farmaceutico e biotecnologico.

“La chemiodiversità, cioè l’enorme varietà di sostanze naturali prodotte dagli organismi viventi, è una componente fondamentale ma spesso trascurata della biodiversità. Questi composti aiutano gli organismi a interagire con l’ambiente e, in molti casi, hanno dato origine a importanti farmaci. I licheni sono straordinariamente ricchi di queste molecole”, spiega Garima Singh. “Le Alpi italiane ospitano una grande varietà di specie, un vero serbatoio di biodiversità e ricchezza chimica. Con il progetto FIS vogliamo esplorare questo mondo nascosto: studieremo quali sostanze naturali vengono prodotte dai licheni locali, quali fattori ambientali ne stimolano la formazione e in che modo questi composti aiutano i licheni a sopravvivere nelle dure condizioni alpine”.