Tra passato, presente e futuro, gli erbari sono veri e propri archivi di biodiversità, frutto di ricerche ed esplorazioni scientifiche condotte nel corso dei secoli. Ancora oggi, queste collezioni naturalistiche rappresentano un riferimento indispensabile per comprendere la ricchezza, la varietà e le trasformazioni del pianeta.
L’Università di Padova, insieme alla Sapienza Università di Roma, è capofila dello Spoke 7, progetto dedicato a scienza e società nato nell’ambito del National Biodiversity Future Center (NBFC), primo centro italiano di ricerca sulla biodiversità, sostenuto con 320 milioni di euro dal PNRR Next Generation – EU.
“Si tratta di un progetto di ampia portata che per la prima volta valorizza in maniera sinergica le collezioni d’erbario italiane”, spiega Elena Canadelli, docente all’Università di Padova e responsabile scientifica del progetto nazionale di digitalizzazione massiva, condotto grazie alla collaborazione con l’Università di Firenze, “con l’obiettivo di renderle disponibili e farle conoscere a un pubblico più vasto”.
Con un finanziamento di 7 milioni di euro è stata avviata la digitalizzazione massiva di 4 milioni e 200mila campioni, partendo dall’Erbario Centrale Italiano di Firenze. La conclusione del progetto nazionale è prevista per la fine di agosto 2025.
In questi giorni, l’Erbario di Padova, accuratamente organizzato in scatole numerate, ha iniziato il suo viaggio verso la sezione botanica del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze per la digitalizzazione. Attraverso tecniche avanzate, i campioni verranno acquisiti senza alterarne lo stato di conservazione: i fogli d’erbario verranno posizionati su rulli, fotografati e descritti, registrando i contenuti di biodiversità presenti nelle etichette, che rivelano luogo di raccolta, data e nome scientifico di ogni esemplare.
“I dati di biodiversità del passato vengono così messi a disposizione della ricerca scientifica attuale: i fogli di erbario escono dagli armadi per raggiungere ogni parte del mondo”, commenta Canadelli.
Il lavoro sull’erbario patavino durerà un paio di mesi. Al termine, la collezione tornerà all’Orto botanico di Padova per essere ricollocata nei grandi armadi della sede storica, temporaneamente svuotati per realizzare il progetto. La collezione riunisce esemplari essiccati dalla fine del Settecento fino ai giorni nostri, con una selezione esposta anche nella Galleria degli erbari del Museo Botanico.
Nato nel 1835, grazie a un primo nucleo donato da Giuseppe Antonio Bonato, allora Prefetto dell’Orto, l’Erbario dell’Università di Padova si è arricchito nel tempo grazie a donazioni e acquisti. “Oggi si stima custodisca circa 700.000 campioni tra piante, funghi, alghe e galle che raccontano la biodiversità italiana e del resto del mondo”, conclude Elena Canadelli. La collezione conserva campioni di illustri botanici come Augusto Béguinot, Roberto de Visiani, Adriano Fiori, Achille Forti e Pier Andrea Saccardo, di appassionati come Wilhelm Pfaff, e di figure note in altri ambiti, come Luigi Tibertelli, in arte Filippo de Pisis, che donò a Padova le sue raccolte.